Il Riccio e la Rosa

Note al testo
i Un'edizione con commento dei carmi 84-86 Riese in Di Giovine 1988, 127-150; il carme 87 Riese, attribuito a Floro, 75 e 87 ss.
ii Cfr. le edizioni Rosenblum 1961, 158; e Happ 1986, 65. Per le specie di rose conosciute dagli antichi (tra cui la centifolia) cfr. Carter 1940, 250-256.
iii Cfr. l'edizione di Wolff 1996, 82 s.
iv Edizione, commento e introduzione in Cupaiuolo 1984.
v Cfr. anche l'edizione di Catlow 1980; la traduzione di Bernardi Perini 1997; quella corredata di note e commento di Cucchiarelli 2003.
vi Questi componimenti si trovano raccolti in un'appendice, intitolata Le poesie della rosa, all'edizione tradotta e commentata del Peruigilium Veneris di Cucchiarelli 2003 (155-165); una raccolta antologica dei testi tardoantichi sulla rosa già in Cupaiuolo 1984, 54-68, e ora in Mello 2003, 93-105 e 2004, 147-153; alcuni dei testi citati compaiono nell'Elogio della rosa curato da Poma 2002, tra i componimenti sul fiore Da Archiloco ai poeti d'oggi.
vii L'edizione commentata in Franzoi 2002.
viii Una rassegna dei temi frequentati in questi testi in Di Giovine 1988, 25 s.
ix Oltre al celebre Salmasiano (Par. lat. 10318) tramandano gli Aenigmata Symposii numerosi codici raggruppabili in due recensioni caratterizzate da una diffusa contaminazione (cfr. Spallone 1982a e 1985). L'edizione più attendibile rimane la seconda di Riese (1894), nonostante l'edizione di Glorie (1968) e quella di Shackleton Bailey (1982). Il nome dell'autore (attestato con diverse grafie nella vasta tradizione manoscritta, indipendente dall'Anthologia Latina) è oggetto di discussione: alla variante Symphosius (consacrata come vulgata a partire dalla prima edizione teubneriana di Riese, del 1869), è da preferirsi la grafia Symposius dopo gli studi di Maddalena Spallone, che ne dimostra il collegamento con la realtà linguistica attestata dalle epigrafi (Spallone 1982, 41-48). Secondo Merkelbach (1983, 228 s.) il nome Symposius è un nomen signum, alluderebbe cioè al genere conviviale della sua opera. Ma si è anche dubitato dell'esistenza di un autore con questo nome: negli enigmi Heumann individuava il perduto Symposium di Lattanzio. La tesi di Huemann (1722) è ripresa oggi dalla Laszlo (2002). A più riprese sono stati intesi anche come adespoti 'Enigmi del banchetto' (Premerstein 1904, 337 n. 6; Murru 1980, 155-158; Muñoz Jiménez 1987, 307-312). I cento enigmi (accompagnati da un titolo che ne costituisce la soluzione) sono introdotti da una Praefatio di quindici versi che attribuisce loro un'ambientazione saturnalicia e un carattere estemporaneo. L'opera sembra riconducibile, anche sulla scorta della cultura letteraria che ne costituisce l'orizzonte (cfr. Bergamin 1994, 65), all'ambiente nordafricano della rinascenza Vandalica tra la fine del V e l'inizio del VI secolo (Riese 1869, XXVI. Per una bibliografia generale e una rassegna delle varie ipotesi avanzate sul nome e sulla datazione di Simposio cfr. Smolak 1989, 250-251 = 1993, 285-289, e Bergamin 1994, 37-39).
x Sono dedicati a fiori e piante gli enigmi 40-46.
xi La recensione B legge colore per rubore. Preferibile rubore perchè rinvia al colore del sangue, cui allude già il primo emistichio; rubor inoltre è termine tecnico per il rossore della fanciulla che vede la persona amata o si accorge di essere vista (Cupaiuolo 1894, 24 s.). La lezione colore pare una banalizzazione, magari sulla spinta di Lucr. IV 1094 ex hominis uero facie pulchroque colore / nil datur in corpus; e anth. Lat. 742,31 ss. pulchro formosa colore / lilia ceu niteant rutilis commixta rosetis / sic rubor et candor pingunt tibi, Florida, uultus.
xii Un'analisi della struttura degli Aenigmata Symposii in Bergamin 2004b.
xiii Hom. Il. VIII 306-7; poi Catull. 9,22; Verg. Aen. IX 435; Ou. am. III 7,65-6; Hier. epist. 66,1
xiv Cfr. lo stesso motivo nell'epigrafe funeraria di una giovane: CLE 404,4 s. felix si longior aetas / mansisset quam dura sibi Fortuna negauit.
xv Al tema dedicano un capitolo Heinz-Mohr - Sommer 1989, 27 ss.; e alcune pagine riassuntive Poque 1971, 157-159; diverse attestazioni tratte da autori antichi sono raccolte in Joret 1892, 56 ss.; la fortuna di questo motivo nell'ambito della letteratura italiana in Pozzi 1974, 25; alla rosa come emblema della caducità fanno naturalmente riferimento anche la rapida rassegna dei valori simbolici di questo fiore in Callebat 1992, 25-29 e quella in Cattabiani 1996, 15-32.

Rosa IsphahanRosa Isphahan - Medio Oriente prima del 1832