Il Riccio e la Rosa
"Incontri triestini di filologia classica 3 (2003-2004)", 199-214, Manuela Bergamin
Il riccio e la rosa
Vicende di immagini e parole dall'antico al tardoantico
(a proposito di Simposio, aenig. 29 e 45)
*Le immagini che compaiono nell'articolo sono estranee al testo del saggio.
«Naturalmente la storia della rosa contava secoli, ma ora la rosa diventa il fiore privilegiato»: così osserva La Penna 1998, 380 a proposito dell'attenzione particolare dedicata a questo fiore dalla poesia tardoantica.
Un numero cospicuo di epigrammi su questo argomento è tràdito all'interno della cosiddetta Anthologia Latina:
- il ciclo di carmi 84-87 Riese (= 72-75 Shackleton Bailey)i;
- l'epigramma De laude rosae centumfoliae composto da Lussorio, 366 Riese (= 361 Shackleton Bailey)ii
- il De origine rosarum (874b Riese)iii attribuito a Draconzio;
- il componimento più esteso, e complesso, dedicato alla vita del fiore, il De rosis nascentibus (646 Riese)iv
- il Peruigilium Veneris (200 Riese = 191 Shackleton Bailey)v , che le dedica una strofa (vv. 13-26)vi
Ma si incontrano versi sulla rosa anche al di anche al di fuori dell'Anthologia Latina, ad esempio nell'Epitalamium de nuptiis Honorii Augusti di Claudiano (carm. 10, 246-250) e nel Cupido cruciatus di Ausonio (XIX 76, s.; XIX 90-93 Green)vii. In tutti questi componimenti vengono ripresi ed elaborati i topoi della tradizione letteraria: la rosa è bella e di breve durata; prende colore dal sangue di Venere, o da quello di Cupido, o dall'aurora; è descritta nelle sue diverse età; è munita di spine pungenti; è metafora della vergineviii. Si distingue per i modi della ripresa di immagini e di testi precedenti l'epigramma dedicato alla rosa nella collezione degli Aenigmata Symposii, anch'essi tràditi nell'Anthologia Salmasiana (286 Riese = 281 Shackleton Bailey)ix. L'enigma Rosa è collocato al nr. 45 della raccolta, all'interno del piccolo "erbario"x che si costituisce nella serie dei cento enigmi di tre esametri ciascuno dedicati ad oggetti, fenomeni atmosferici, animali, piante, utensili, cibi, situazioni paradossali:
ROSA
Purpura sum terrae, pulchro perfusa ruborexi,
saeptaque, ne uioler, telis defendor acutis.
O felix, longo si possim uiuere fato!
La rosa
Sono la porpora della terra, perfusa di un bel rossore,
e mi difendo, per non essere violata, protetta da dardi appuntiti.
Felice sarei se potessi vivere a lungo!
L'epigramma riprende diversi motivi tradizionali sulla rosa: ne sottolinea il colore purpureo, la bellezza, il corredo di spine, la caducità. Ma gli elementi topici si compongono in un testo che si presenta come complessoxii : con una struttura che è anche degli enigmi moderni descrivono infatti un oggetto (esplicitato nel titolo), sviando contemporaneamente verso un'altra immagine. Coesistono quindi due livelli di significato: un primo, letterale, riferito alla soluzione rappresentata dal titolo e un secondo, a cui i termini dell'enigma alludono.
Nell'enigma Rosa alla descrizione letterale del fiore si sovrappone l'immagine di una vergine, che la scrittura dell'autore suggerisce come a schermo. Il raccordo tra i due piani di senso è nel ricorso alla frequentata metafora 'rosa = uirgo', operante anche in altri dei testi citati dedicati alla rosa: per es. anth. Lat. 84; 87 Riese (=72; 75 Shackleton Bailey); 646 Riese, De rosis nascentibus; 200 Riese (=191 Shackleton Bailey), Peruigilium Veneris.
I testi di Simposio si costruiscono attraverso rimandi a fonti letterarie che, per il lettore colto che le riconosca, costituiscono di volta in volta altrettanti indizi per la soluzione espressa nel titolo, oppure sollecitazioni ad accogliere il suggerimento sviante: la rosa in Simposio è felix (v. 3), come nell'apostrofe di Marziale al fiore in VII 89,1 s. I felix rosa, mollibusque sertis / nostri cinge comas Apollinaris. Ma all'orientamento verso un ulteriore significato sollecitano anche echi di luoghi della tradizione letteraria in cui le immagini, che l'enigma sovrappone, sono esplicitamente accostate. Questo enigma richiama in particolare due passi in cui una giovane donna è accostata per similitudine alla rosa. Il primo è la lamentatio dell'epicedio per una giovane moglie, che Stazio inserisce nella Consolatio ad Claudium Etruscum, dove si ritrova la similitudine di memoria omericaxiii tra la morte prematura e il fiore spezzato: silu. III 3,124-130:
felix a! Si longa dies, si cernere uultus
natorum uiridisque genas tibi iusta dedissent
stamina. Sed media cecidere abrupta iuuenta
gaudia, florentesque manu scidit Atropos annos,
qualia pallentes declinant lilia culmos
pubentesque rosae primos moriuntur ad austros,
aut ubi uerna nouis exspirat purpura pratis.
In sequenza rovesciata rispetto all'ipotesto, Simposio riprende nell'ultimo verso dell'enigma il makarismós proiettato nell'irrealtà (felix si...)xiv, e nell'incipit l'immagine della porpora sui prati (purpura terrae). Riaffiora alla memoria del lettore dell'enigma anche il celebre passo virgiliano in cui il rossore di Lavinia è paragonato alla porpora sull'avorio, o al rosso delle rose mescolate in un mazzo ai gigli, Aen. XII 64-69:
Accepit uocem lacrimis Lauinia matris
flagrantis perfusa genas, cui plurimus ignem
subiecit rubor et calefacta per ora cucurrit.
Indum sanguineo ueluti uiolauerit ostro
si quis ebur, aut mixta rubent ubi lilia multa
alba rosa: talis uirgo dabat ore colores.
Oltre che per la consapevolezza compositiva e per il puntuale ricorso alle fonti il testo di Simposio si segnala per la particolare caratterizzazione che le immagini vi ottengono. I topoi della tradizione sulla rosa sono qui attribuiti a una rosa/uirgo che si configura in modo anomalo: in primo luogo in Simposio il motivo della caducità del fiore come emblema della fugacità di bellezza, giovinezza e vita è esasperato: non semplicemente invecchia la rosa / uirgo, ma è esplicitamente destinata a morire presto. Il tema, espresso al v. 3 dell'enigma, è ricorrentexv : in Ovidio, ars II 113-116, la rosa è associata a gigli e viole: Forma bonum fragile est, quantumque accedit ad annos / fit minor et spatio carpitur ipsa suo. / Nec uiolae semper nec hiantia lilia florent, / et riget amissa spina relicta rosa. L'immagine ovidiana trova diretta corrispondenza in anth. Pal. XI53 Το ροδον ακμαζει βαιον χρονον ην δε παρελθης, / ζητω∍ν ευρηϕσεις ου ροδον, αλλα βατον «Breve rigoglio la rosa: se passi di lungo e la cerchi, non trovi più la rosa, trovi spine» trad. F. M. Pontanixvi . Il motivo è ripreso nei componimenti tardoantichi sulla rosa dove è unito all'invito a cogliere il fiore nel pieno della sua freschezza: anth. Lat. 84, 9 Riese (72, 9 Shackleton Bailey) ne pereant, lege mane rosas: ‹cito› uirgo senescit; 87, 5 (75, 5 Shackleton Bailey) pereunt hodie nisi mane legantur; il tema è insistito nel carme De rosis nascentibus (anth. Lat. 646), vv. 35-50: cfr. 40 una dies aperit, conficit ipsa dies; 43 s. Quam longa una dies, aetas tam longa rosarum, / quas pubescentes iuncta senecta premit; 49 s. conlige, uirgo, rosas dum flos nouus et noua pubes, / et memor esto aeuum sic properare tuum. In questi testi la metafora rosa=uirgo è esplicita, o evidente, ma nell'invito rivolto alla vergine a cogliere la rosa nel pieno della sua freschezza l'immagine della morte della rosa (che pure è rappresentata in ros. nasc. 37 s. Ecce et defluxit rutili coma punica floris / dum loquor et tellus tecta rubore micat, di oraziana memoria: cfr. il celebre carm. I 11,7 s. dum loquimur, fugerit inuida / aetas; e si intravede nell'ultimo verso citato di Stazio) è dissociata da quella della vergine.
In Simposio i due livelli di significato si sovrappongono: rosa e uirgo coincidono e coincide anche l'immagine della loro morte. Al ricordo di giovani donne mancate nel fiore degli anni conduce infatti il makarismós O felix per mezzo dell'allusione letteraria (cfr. anche felix a! del passo citato sopra dalle siluae di Stazio): la giuntura O felix ricorre per la prima volta in Verg. Aen. III 321 s., riferita alla vergine Polissena, fortunata perché morendo non fu costretta a toccare il letto di un padrone vincitore: O felix una ante alias Priameia uirgo / hostilem ad tumulum Troiae sub moenibus altis / iussa mori; e sarà poi riferita alla giovane martire Agnese, felix in quanto martire accolta nella gloria di Dio, in Damas. 84,14 O felix uirgo, memorandi nominis Agnes; e in Prud. perist. 14,124 o uirgo felix, o noua gloriaxvii.